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RACCHI PIERO , Via Fermi 17 15011 Acqui Terme (AL) Tel. 333/7211525  racchi.p@gmail.com t  www.artmajeur.com/racchi

PIERO RACCHI


27x65x135

 


40x220

 


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I miei lavori sono senza titolo

Le sculture “tutto tondo” e quadri, hanno un unico significato:
la natura che tenta
disperatamente di
affrancarsi dall’asservimento umano.
 Essa, con le sue lunghe dita vegetali, serpeggia, avvinghia, penetra in ogni crepa e pertugio dei gelidi e ambigui manufatti umani e, come un lenzuolo sepolcrale, con la presunzione di far nascere un nuovo ciclo di vita, li ricopre.
Questo è il motivo per il quale  i miei lavori non hanno un titolo:si differenziano solo dalle misure.

 


84x4

 


97x110

 


180x192

 


90x95

 


90x95 V


26x56x90

 


38x38x236

 


50x50x241


62x166

Curriculum dell'artista

Formazione
            Piero Racchi è nato il 27 giugno 1948 a Melazzo (AL) Abita ed esercita la sua attività pittorica in Acqui Terme. (AL). Racchi, nel mondo fantastico dell'arte pittorica vi è approdato soltanto all'età di trentatrè anni. Ha tuttavia iniziato nel fior fiore della giovinezza a dedicare il suo tempo libero all'attività dello spirito, cercando di sviluppare le proprie capacità nel modo più multilaterale possibile. Infatti, egli, oltre a dipingere, suona la batteria, compone musica, scrive testi e romanzi. In questo periodo suona con il complesso i METILARANCIO. Nel 1992 ha scritto un libro di poesie dal titolo "Semplicemente" stampato da Cultura Duemila Editora. Nel 2005 un romanzo dal titolo “Confessioni sconvolgenti” Edito da OTMA Edizioni. 
            La grafica è stata la sua prima passione. In seguito è passato alla pittura all’olio dipingendo quadri surreali. Dopo varie tecniche e sperimentazioni, ha creato una personale serie di quadri polimaterici intitolati “vedute spaziali”. Infine, rapito dal piacere di realizzare opere utilizzando materiali diversi, è approdato nel genere attuale che lo caratterizza e differenzia da tutti gli altri pittori e scultori.
            Le sculture “tutto tondo” e quadri, sono senza titolo perché hanno un unico significato: la natura che tenta disperatamente di affrancarsi dall’asservimento umano. Essa, con le sue lunghe dita vegetali, serpeggia, avvinghia, penetra in ogni crepa e pertugio dei gelidi e ambigui manufatti umani e, come un lenzuolo sepolcrale, con la presunzione di far nascere un nuovo ciclo di vita, li ricopre.
            Artista di grande capacità immaginativa, con un’anima ecologica che lo rende attento osservatore della natura, indagata con appassionata curiosità. Da anni Racchi esplora le infinite possibilità della tridimensionalità, coniugando con minuziosa ricerca plastica con una sottile indagine cromatica per addivenire ad una sua personale forma scultura-assemblage vivacemente policroma dove i due aspetti sono tanto intimamente connessi da risultare inscindibili. Il colore, infatti, brillante, vivido, ad effetto porcellanato, un uniforme velo lucido che cattura la luce, è determinante per la trasfigurazione dell’oggetto anestetico, scarto pazientemente cercato o casualmente trovato, oggetto quotidiano, astruso ingranaggio, legno, ferro, plastica, in quelle indecifrabili forme complesse che hanno conosciuto altri luoghi ed altre funzioni, plasmate in un mix misterioso nel quale l’occhio cerca invano significati noti, persi definitivamente. In una sorta di trasformazione gestaltica, il risultato finale è un “tutto” che è “altro” e di più della somma dei singoli pezzi, perché l’azione dell’artista, con un intervento demiurgico, cancella ogni traccia oggettuale e reinventa i lessi logici, le relazione gerarchiche, le attribuzioni delle cose, ne svela le possibilità espressive nascoste, porta in superficie potenzialità impensate, in una parola crea, o ricrea, la materia animandola di nuova vita come solo l’arte sa fare, perché gli artisti hanno la prerogativa di vedere e farci vedere le cose vecchie con occhi sempre nuovi. (Gianni Notti, Critico e giornalista d’arte)

Esposizioni e partecipazioni 
1983 -
Collettiva. Ex caserma C. Battisti. Acqui Terme (AL)
1983 - Collettiva. Palazzo Saracco. Acqui Terme. (AL)
1984 - Collettiva di Natale. Ex caserma C. Battisti. Acqui Terme. (AL)
1985 - Collettiva di Natale. Albergo Nuove Terme. Acqui Terme. (AL)
1986 - PERSONALE, Grafica " Acqui vecchia " Enoteca. Acqui Terme. (AL)
1986 - Collettiva di Natale. Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
1987 - Collettiva di Natale. Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
1993 - Collettiva, "Arte poesia e musica" Palazzo R. Acqui Terme. (AL)
1993 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
1994 - Collettiva. " Arte, poesia e musica " Pal. Robellini Acqui Terme. (AL)
1994 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
1994 - Collettiva. " Telethon " Banca Bnl. Acqui Terme. (AL)
1995 - Collettiva. " Arte, poesia e musica " Pal. Robellini. Acqui Terme. (AL)
1995 - Collettiva di scultura. Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
1995 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
1995 - PERSONALE. Galleria " SEGNALI " Alessandria.
1996 - Coll. Arte informale ed astratta. Pal. Robellini. Acqui Terme. (AL)
1996 - Collettiva. " Arte, poesia e musica " Pal. Robellini. Acqui Terme. (AL)
1996 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall, Gamondio. Castellazzo B. (AL)
1996 - Collettiva di scultura. Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
1997 - PERSONALE: Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
1997 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
1998 - PERSONALE. Camera del lavoro. Alessandria.
1998 - Collettiva di arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
1998 - Collettiva, Scultura. Ex caserma C. Battisti. Acqui Terme. (AL)
1998 - Collettiva di Natale. Palazzo Robellini Acqui Terme. (AL)
1999 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
1999 - Scultura ad Acqui Terme. A cura di Ivana Mulatero. (AL)
1999 - Pittura e scultura sotto le stelle. Frugarolo. (AL)
1999 - Collettiva di Natale. Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
2000 - Mostra pittura e scultura. "Colore" Serra del castello di Piovera. (AL)
2000 - Pittura e scultura sotto le stelle. Frugarolo. (AL)
2001 - Collettiva. " Arte, poesia e musica " Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
2001 - Collettiva. Pittura, scultura. Serra del castello di Piovera. (AL)
2001 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
2001 - Collettiva di Natale, Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
2002 - Mostra di scultura permanente. " Fossili Moderni " Piovera. (AL)
2002 - Collettiva. " Arte, poesia e musica " Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
2002 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo B. (AL)
2002 - Collettiva di Natale. Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
2003 - Mostra a Cessole (AL) Col pittore svizzero Hans Faes.
2003 - PERSONALE. Enoteca regionale castello di Mango. (CN)
2003 - Collettiva. " Arte poesia e musica " Palazzo Robellini. Acqui Terme. (AL)
2003 - Collettiva. " Percorsi di scultura 2003 " Acqui Terme. (AL)
2003 - Collettiva d'arte contemporanea. Gall. Gamondio. Castellazzo bormida. (AL)
2004 – Collettiva "Arte, poesia e musica" Palazzo Robellini. Acqui Terme (AL)
2004 - Collettiva d'arte contemporanea Gall. Gamondio. Castellazzo. B (AL)
2005 - PERSONALE Palazzo Chiabrera. Acqui Terme. (AL)
2005 – PERSONALE ex confraternita dei battuti. Bubbio (AT)
2006 – Collettiva con Bonafè, Crini. Palazzo Negrotto Cambiaso. Novi Ligure (AL)
2006 – Collettiva "Arte, poesia e musica" Palazzo Robellini. Acqui Terme (AL)
2006 – PERSONALE "Associazione Torre di Cavau" Cavatore. (AL)
2007 – PERSONALE " GALA" Cogoleto in…bistreux. (SA)
2008 - Collettiva a Tagliolo (AL)
2008 - Collettiva "LA LUNA IN COLLINA" Arte Tagliolo (AL)
2008 - Collettiva "Da Budapest a bahia". Frugarolo.(AL)
2008 - TRENTA X TRENTA galleria POLIEDRO, Trieste.
2008 - RUMORI E SILENZI DELL'ANIMA. Organiz. Sabrina Falzone. Moncalieri.(TO)
2008 - "Trofeo capodanno" Ex chiesa S. Croce, Beinasco (TO)
2008 - "Sfumature e chiaroscuri" area espositiva ex Kaimano. Acqui Terme (AL)
2009 - VERNICE art fair, Forlì.
2009 – Mostra d’arte contemporanea. La luna in collina. Cogoleto (GE)
2009 – Gli azzurri tra cielo e mare. Palazzo Chiabrera Circolo Mario Ferrari. Acqui Terme (AL)
2009 – PERSONALE L’urlo della natura. Borgoratto (AL)

Pubblicazioni
Catalogo delle quotazioni 2009-2010
Catalogo VERNICE art fair 2009
Catalogo Trofeo di capodanno 2009 Beinasco. (TO) Premio trofeo per miglior opera astratta.
Catalogo un segno nel tempo. La Spadarina. Piacenza.
Rivista d’arte Star Vip 

Recensioni, critiche, commenti e interpretazioni

       Piero Racchi ovvero l’urlo della natura (38x38x236) - I veri viaggiatori - diceva Baudelaire - sono quelli soli che partono per partire, senz’avere né meta né ragione. E si avventurano, temerari, nell’ignoto, anche a costo di naufragare, fidando nel loro estro di visionari. Come i cavalieri erranti del medioevo che s’inoltravano nella foresta, a caso: tanto sapevano che prima o poi qualcosa sarebbe accaduto. Così anche Piero Racchi, artista a suo modo unico e poliedrico, che trascorre con disinvoltura dalla poesia al romanzo, dalla musica all’arte figurativa, raggiungendo nell’ambito plastico-pittorico esiti di grande originalità e di sicuro rilievo. La selva in cui egli si muove è il mondo stravolto dalla tecnologia e dal consumismo, dove la natura, straziata e mortificata, sembra relegata a un ruolo ancillare. L’artificiale domina incontrastato, disseminando però la terra di liquami e di spazzatura. Di ruderi e di macerie. L’uomo stesso è ormai prigioniero della "gabbia d’acciaio" da lui forgiata: una gabbia che assume a tratti le sembianze di una locomotiva impazzita, che procede a velocità folle in una notte fosforescente di luminarie innaturali. La prospettiva è ovviamente la catastrofe, divinata da Racchi con lucidità di veggente. La selva diventa una sorta di labirinto dove, a ogni svolta, s’incontrano i mostri prodotti dal sonno della ragione. A ogni passo è lo scialo. Scarti, relitti, rifiuti ingombrano il sentiero. Sunt lacrimae rerum. La natura piange, alla stregua del "ciarpame reietto" su cui si fonda il duplice trionfo della moda e della tecnologia. Qui il serpente si morde davvero la coda: la moda divora ogni giorno se stessa, la tecnologia si nutre della propria obsolescenza. Si rinnova così il mito di Crono che ingoia i suoi figli. È la parabola - oscena - della modernità. Ma se l’apocalisse è un destino che affolla di incubi e di sogni premonitori l’inquieta veglia di Racchi, egli ne fa pure la sua musa ispiratrice. Non solo perché, da buon samaritano, si sofferma a contemplare pietoso i guasti e le lacerazioni provocati dal "sistema" - per dirla secondo il lessico sessantottino -, a raccogliere per via, tra le scorie e le deiezioni che si affastellano a cielo aperto nei cimiteri di macchine, le povere reliquie, inani e inanimate, di tanto scempio - i suoi "ossi di seppia" -, sì anche perché si azzarda a riciclarle, a ridare loro una dignità, un senso (che forse non hanno mai avuto), inserendole, come tessere di mosaico o, meglio, come cellule di un organismo a suo modo vivente, in un progetto artistico che non ha nulla di premeditato, ma che sono esse stesse a suggerire, a proporre, a indirizzare. Non si tratta tanto - sulla scia di Kurt Schwitters - di riqualificare esteticamente oggetti inutili e desueti, siano essi vilipesi cascami della tecnologia o rimorti lacerti di natura, quanto di insufflare in essi una nuova vita. L’operazione ha in sé qualcosa di artificiale, ma, a ben guardare, va in direzione opposta a quella seguita dal progresso tecnico-scientifico, che tende a sostituire la macchina all’uomo e l’inorganico all’organico. Il sogno di Racchi non è quello faustiano di dominare la natura, ma, se mai, quello prometeico di salvaguardare l’umanità, rivendicandone il carattere, appunto, "naturale". Non è rescindendo le radici dalla terra o, peggio, stuprandola e sfregiandola, senza ragione e senza misura, che l’uomo può sperare di vivere meglio. La vita è una sola e affonda le sue radici nella natura.
        L’arte di Racchi è sì teknē, alla lettera, ma nulla ha della hybris della moderna tecnologia. Essa nasce infatti dal rispetto per le cose, anche le più umili, e si mette al loro servizio. Il messaggio che ne deriva non è dunque volontaristico, viziato da una soggettività ridondante. Anzi, non è nemmeno premeditato, essendo in gran parte espressione dell’inconscio, di una forza che trascende cioè gli angusti confini dell’io e, forse, della stessa persona. Parlare di assemblaggi potrebbe allora apparire riduttivo, in quanto le pitture-sculture di Racchi sono in realtà delle concrezioni viventi, le quali sembrano autogenerarsi, in un assiduo e libero rampollare che ricorda l’inesausta proliferazione delle madrepore. Rami, radiche, tronchi, semi, valve di conchiglie, felci, pigne e via enumerando sono i materiali - l’alfabeto, diremmo - di cui l’artista si serve per svolgere un discorso che, pur nella varietà dei suoi esiti, ha la perentoria e parossistica ossessività delle fissazioni. Il pianto (e il rimpianto) della natura si fa urlo disperato di denuncia e di protesta, ma anche di rivalsa. Essa, infatti, fagocita e assorbe nell’esasperato vitalismo delle sue metamorfosi anche l’altro-da-sé, le forme e i corpi estranei della tecnologia, imprigionandoli nella sua ragnatela. L’assimilazione passa attraverso un sottile e complicato processo di pepsi che finisce per ridisegnare le forme originarie dei reperti o, meglio, per alterarne - o abolirne - la funzionalità.
        Caos e calcolo convivono in un equilibrio di contrapposte tensioni, dando vita a efflorescenze fantasiose, a sculture polimateriche che hanno l’allucinata parvenza di certe chimere. Su tutto si stende poi, assecondando una tecnica già sperimentata da Claes Oldenberg, la lucida bava del colore, che congela in una dimensione onirica, fortemente straniata, le anfibie, ambigue "visioni" dell’artista. Un cromatismo algido e acceso ne investe i particolari e fa degli objets trouvés che ne formano il tessuto connettivo tutt’altre cose, tanto più irreali quanto più all’apparenza individuabili. La patina traslucida che li impermeabilizza contribuisce a srealizzarli, sottraendoli all’hic et nunc, ma solo per dar forma ectoplasmatica alle speranze e ancor più alle paure dell’artista. Presagi o auspici, queste surreali creazioni a metà tra la pittura e la scultura sono dunque mere proiezioni dell’inconscio (magari di un incoscio in senso hartmanniano) ed hanno la petulanza un po’ sinistra - e quindi inquietante - degli incubi.
         Sono fiori che nascono, montalianamente, dalle macerie dell’abisso, espressione turbata di un’anima mundi che si sente minacciata nella sua integrità dalla sfida tecnologica e dalla connessa volontà di potenza della moderna civiltà delle macchine. Fiori, se non del male, del malessere che pervade la nostra società. Come ebbe a scrivere Italo Calvino: "Più le nostre case sono illuminate e prospere più le loro mura grondano fantasmi; i sogni del progresso e della razionalità sono visitati da incubi". Ora, a chi - come Racchi - ha occhi per vedere e orecchi per udire i segnali d’allarme (l’urlo o - per dirla con Lucrezio - i "latrati") che provengono dalla natura non possono certo sfuggire. E da artista qual è se ne fa audace e puntuale interprete. (Carlo Prosperi)

 

Hanno scritto di Piero Racchi

Carlo Prosperi

 



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